lunedì 1 dicembre 2008

Quindicesimo giorno... L'addio

Mi ha tenuta abbracciata per tutta la notte. Mi ha abbraciato questa mattina. Mi ha stretto a lui mentre piangevo. E mi ha detto di nuovo addio. Più chiaramente. Più serenamente. Più dolcemente possibile. Addio. Non sono stato felice. La nostra vita assieme sono stati sprazzi di felicità in mezzo al nulla. Questo ha detto. Da maggio. Ha aggiunto. Poi ha precisato: da più di un anno. Alla fine ha ammesso: da oltre due anni. Due anni di non felicità non possono essere cancellati in nessun modo. Due anni di non felicità sono come la scure che cala sulla testa e la stacca dal corpo. Non c'è ritorno. Non c'è via d'uscita. E mentre lui capisce, sempre più chiaramente, di non amarmi affatto, io capisco, sempre più chiaramente, di amarlo da impazzire. E capendo che lo amo da impazzire capisco che mi sto nuovamente innamorando di lui. Di nuovo. Come all'inizio. Come quando restavo ore a guardare il telefono perché mi chiamasse. Come quando lo aspettavo con ansia e lo guardavo in quel modo speciale. Che non c'è mai stato più per nessun altro.
Rimane il suo affetto. Rimane il mio amore.
"Se vuoi possiamo andare a fare un giro sulla mia macchina nuova".
Ma dall'anno prossimo, che significa tra meno di un mese, o forse prima, se il suo cuore palpiterà di nuovo, ci sarà lei.
Sto male. Malissimo. Non sono mai stata tanto male. Mai per nessuno.
Qualunque cosa mi fosse successa in passato, c'era lui a sorreggermi. E il passato era lui. Lui per 15 anni. Quasi 15. Sarebbero stati 15 il 5 di gennaio.
E non ce l'abbiamo fatta... Io non ce l'ho fatta.
Mi manca da morire. Mi manca. Mi manca. Mi manca.

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